POESIE CON IMMAGINI

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EROS E MORTE

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Eros e morte

camminano insieme,

l’uno a fianco dell’altro,

dall’origine dell’universo

sino all’eternità.

Non può esistere il sesso

senza l’incombente presenza della morte,

e non si può morire per sempre

se non si sparge prima su questa terra il seme dell’amore.

Ogni essere umano comincia a morire

da quando un orgasmo lo genera,

e conserva nella memoria d’una lapide

parte di quell’amore che non separa la vita dalla morte.

Non c’è maga Circe capace di convincere Ulisse

col dono dell’immortalità,

e non esiste spada di Damocle sul punto di crollare

che spaventi l’uomo

perchè quest’ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,

ostinato e vanitoso,

innamorato di quel breve soffio che è la vita,

è pronto a sfidare persino gli dei primeggiando

pur di amare e morire,

respirando fino all’ultimo alito di vita,

sfruttando anche l’ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.

Dinanzi a tanta meravigliosa presunzione di vitalità

anche l’Onnipotente resterebbe senza parole.

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PULEDRINO

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È una piccola bellezza la sua

in tutti i sensi,

con quelle gambette ancor deboli.

Venuto alla luce da una settimana,

ha sempre un’aria incuriosita

per tutto ciò che di nuovo gli sta intorno.

È completamente nero come la notte,

con soltanto un piccolo raggio di luce sulla fronte;

fa tenerezza con quel corpicino che appena nato muove i primi passi.

Non so… ma questa piccola creatura

possiede una bellezza estranea a questo mondo, una novità

due occhietti dolci che osservandoli ti fanno innamorare di lui.

Ora, disteso fissa il vuoto

chissà a cosa pensa!

le sue orecchie attente aspettano qualcosa di curioso.

Appena la sua mamma si muove

lui la segue come se avesse paura di rimanere da solo,

in questo mondo che sente ancora straniero.

Con quelle lunghe gambette e tutto il suo corpicino

scoprirà pian piano la vita

e non sarà più un gioco.

E chissà,

forse un giorno sarà libero di correre lungo i campi

da solo con la sua raggiante bellezza.

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AL MIO CANE

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La tua presenza

colmava il vuoto

della mia oziosa solitudine,

spesso mi contrariava

il tuo lungo abbaiare

che ora mi manca da morire.

Mostravi tutta la tua gratitudine

stendendoti ai miei piedi

e mi contemplavi,

parlavi con gli occhi

ci capivamo

nell’incrociarsi dei nostri sguardi.

Ci ritrovavamo sempre

nel nostro mondo

pieno d’abitudini,

forse

non ero solamente il tuo padrone

ma il vero amore.

Oggi non ci sei più

la tua festosa compagnia

si è dissolta

nella morte

ricoperta

dalla nuda terra.

Ma per me

rimani sempre una ferita aperta

incancellabile ricordo dentro al mio vuoto

nel ripiombato abisso

d’un’altra e più profonda

solitudine.

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ALLONTANA DA ME QUESTO CALICE

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Allontana da me questo calice, Mare!

non voglio berlo,

non è vino

ma è sporco di sangue, veleno per il mio spirito

è salato

come schiuma di mare.

Allontana da me questo calice, Mare!

non lasciare che io m’immerga in te

sino a scomparire sott’acqua,

sono ancora vivo

il mio corpo inerme non giace sul tuo fondale.

Allontana da me questo calice, Mare!

sono solo un uomo di carne e ossa

non posso vincere le tentazioni

non riesco a sconfiggere forze soprannaturali,

abbi pietà di me. Nelle tue acque ho gettato la rete.

Allontana da me questo calice, Mare!

sono come Gesù nell’orto degli ulivi

non posso perdermi

e tu non puoi abbandonarmi

ora che ne ho più bisogno.

Allontana da me questo calice, Mare!

trasmettimi la potenza delle tue onde

la libertà del tuo orizzonte,

fa’ che la tua immensità

riempia la mia solitudine.

Aiutami!

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SOGNI DI SIRENE

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Era quello un modo

per rinascere innocenti

su una strada nuova,

come se una dea partoriente

avesse plasmato il suo feto

in schiuma di mare,

fino a ridosso delle correnti

dove accorsero sirene

a cantare ninnananne al vento,

richiamo vibrante

d’antica preghiera,

primordiale anelito

di sfiorare Dio,

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IL GIOCO DELLA MORTE

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Si è fatta bella

la morte,

che con mano gentile

dell’inferno m’ha schiuso le porte.

Stanotte ha indossato per me

l’abito da sera,

soffiandomi lieve sul viso

un alito di primavera.

È Bella!…È santa!… Così vestita da puttana,

giarrettiera, pizzo e calze a rete.

Con mosse seducenti s’aggiusta la gonna tra le gambe,

mentre si aggira furtiva con la sua falce intorno a queste tombe.

Intenso il suo odore,

inebria come vino l’aroma del peccato,

gocce di mistero i suoi occhi,

sensuale si manifesta il profumo del tormento.

Malizioso e penetrante il suo sguardo grigio fumo

m’ ha legato con robuste catene

e posseduto sull’altare del piacere

attimo di fugace emozione.

Come rito sacro

di gran sacerdotessa,

intenta a celebrare

messe nere.

Pezzi di carne cruda

e sangue offerti in sacrificio,

calice di fiele per acquietare

l’ansia nell’oblio.

Incantevole, dolce ella appare

e io l’ho amata

su un letto di passione impudica e discinta

intensi orgasmi i nostri tra lenzuola di seta,

nettare d’ambrosia e miele il suo calice.

È cosi bella….Così dolce ….Mio Dio !

sul viso vivida

risplende una luce.

Sembra innocente e pura

come una bambina,

il mio nero angelo

invece mi tenta come una sfrontata sgualdrina.

La   cerco!… La voglio! … La bramo!…

non conosco il suo nome

ma in silenzio

la chiamo.

Da questo mucchio di cenere e ossa

dove è sepolta sotto nuda terra,

la mia sconsacrata fossa

è già pronta.

Leggera come un’odalisca

ella volteggia su opposti cieli,

sinuosa muove i passi di una strana danza,

sventolando lunghi veli.

È allegra…libera… e mi sorride!

Mentre cerco di afferrarla con le dita scheletrite:

“Dimmi come ti chiami!” le chiedo finalmente,

me lo scrive con rossetto color porpora

su una lavagna azzurra

illuminata da una stella:

“Amor mi chiamo io! E dolore è… l’eterno compagno mio”

mi risponde.

 

 

 

 

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IN SILENZIO

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Io e te,

 

mano nella mano,

 

camminiamo verso il sole

 

guardandoci in silenzio.

 

Le nostre orme sono raggi di luce,

 

nel loro chiarore, riflesso,

 

osservo il tuo viso dolcissimo

 

che m’incanta, in silenzio.

 

Siamo solo noi due,

 

creati l’uno per l’altra,

 

rapiti da questo sole immenso.

 

Un amore senza fine grande più di noi

 

ci trascina via lontano

 

e tu esisti ormai dentro di me

 

ti sento in ogni parte del corpo,

 

tu sei l’aria che sto respirando,

 

sei la mia stella che brilla nel cielo.

 

Vicinissimi, avvolti dal calore,

 

noi ci amiamo sfiorandoci in silenzio.

 

Siamo in viaggio da qui all’eternità,

 

eroi di un sogno in questo breve vivere,

 

non svegliamoci mai,

 

ed ora, in quest’istante magico,

 

tu ed io siamo un solo essere,

 

non so più dove finisci tu e comincio io,

 

dove si dilegua il sogno e appare la realtà,

 

ora tutto acquista un senso

 

e finalmente scopriamo insieme

 

che c’è qualcosa di noi,

 

un motivo per vivere.

 

Non siamo più soli,

 

finché mi starai vicina, saprai tutto di me,

 

avrai il meglio di me stesso

 

e tu con me sarai sincera.

 

Stringimi la mano più forte,

 

sei l’unico scudo tra me e il mondo,

 

ho bisogno di te per non morire.

 

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PRIMO AMORE

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Un’ondata improvvisa di luminosi ricordi

 

sommerge per un attimo i duri scogli della mia realtà

 

e la schiuma che ritorna al mare,

 

lascia un immenso prato verde

 

ricamato morbidamente dalle esili mani della primavera

 

e in quel giardino, d’incanto,

 

sbocciarono fiori di mille colori e ali dorate di farfalle,

 

lì v’era un bimbo che inseguiva felice il volo d’un aquilone

 

ed una bambina

 

che sfogliava dolcemente i petali d’una margherita.

 

Era bello correre insieme a lei, mano nella mano,

 

tra le spighe di grano più alte di noi

 

e l’azzurro del cielo che sembrava così vicino, non finire mai,

 

saltellare a gara con i cerbiatti,

 

e seduti in riva al ruscello,

 

gettare ramoscelli sull’acqua per vederli galleggiare dolcemente

 

e all’imbrunire, sudati e sporchi di terra,

 

scappare sul colle più alto

 

ed osservare il volo libero di stormi di gabbiani su oceani limpidi,

 

aspettare in silenzio l’arrivo dell’arcobaleno con i suoi mille colori

 

e lì: “Io ti voglio bene anche se non so baciare” le dissi

 

col cuore che batteva forte come un uragano,

 

lei sorrise, mi baciò la guancia

 

e sbocciava così il mio primo amore

 

mentre una cicogna volteggiava in festa per me.

 

Ed ora, proprio in quest’istante mentre ti bacio amore mio,

 

io rivivo l’emozione d’allora,

 

la stessa gioia ti giuro, lo stesso candore

 

e quanti ricordi ancora vorrei rivivere con te,

 

non più da bambino, ma da uomo ormai,

 

quante piccole emozioni nascoste in fondo al mio cuore

 

vorrei regalarti!

 

quanti segreti avrei da svelarti!

 

Ma tu … tu non capiresti mai

 

perché non so capirmi neanch’io

 

e non so come mai stai con un ragazzo come me

 

che ha ancora quei prati vergini nell’anima,

 

che resta sempre solo anche se tu sei qui vicino a me

 

pronta ad amarmi: che buffo!

 

Ti prego non dirmi che sono un bambino

 

anche se non so far l’amore,

 

anche se il mio mondo è ingenuo.

 

Tu mi sorridi e sfiorandomi la mano, mi dici:

 

“Non esiste al mondo ragazzo migliore di te”.

 

Amore mio,

 

io ti amo per non sentirmi solo,

 

per sorridere e volar via,

 

per vincere la paura che c’è in me,

 

per fermare la mia giovinezza che va via.

 

Amore mio,

 

è così naturale essere felici,

 

come mai la gente non lo sa,

 

non mi crede!

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RICORDI

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Si dirada come per incanto

 

la nebbia che mi avvolge

 

e s’apre d’improvviso il cielo

 

col suo manto azzurro,

 

torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi

 

come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.

 

Mi vedo a otto anni

 

quando avevo un’amica soltanto

 

che volevo bene come sorella.

 

Ricordo ancora come fosse ieri

 

i suoi capelli neri a boccoli

 

che le coprivano quell’esili spalle

 

come schiuma del mare accarezza gli scogli.

 

Era una bambina orfana

 

e la sera, quando andava a dormire,

 

si addormentava con due pupazzi vicino:

 

un orsacchiotto grande suo padre, una Barbie la madre,

 

aveva un segreto, teneva quei pupazzi sotto il cuscino.

 

Mi chiedeva spesso:

 

“Come mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”

 

non sapevo mai risponderle.

 

Da grande sognavo già di sposarla,

 

le dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva

 

ed io mi vedevo in un teatro affollato

 

con tanta gente in piedi ad applaudirmi.

 

A quindici anni

 

evitavo i compagni, i giochi e le feste

 

e restavo da solo per ore

 

ad osservare la distesa infinita del mare,

 

una voce dentro mi ripeteva sempre:

 

“I sogni non muoiono mai”.

 

Cercavo la libertà,

 

mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,

 

immaginavo di volare via per scoprire il mondo

 

senza ritorno, senza fermarmi

 

come un’onda senza mai una spiaggia

 

ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,

 

si perdevano in lontananza,

 

laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.

 

Son diventato uomo troppo in fretta

 

e non riesco più a sognare.

 

Cerco ancora l’arcobaleno d’allora,

 

trovo le inquietudini di adesso.

 

La speranzosa attesa d’un tempo,

 

le antiche illusioni,

 

come oggetto prezioso caduto per terra

 

e frantumato in mille pezzi,

 

sono morte e crollate inesorabilmente

 

nell’amara consapevolezza del nulla che mi circonda.

 

Ma perché bisogna dire addio

 

sempre alle cose più belle?

 

alle delizie che promette ma non concede la vita?

 

Rassegnati animo mio,

 

le tue domande non conosceranno mai risposte!

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LA LEGGENDA DI CAMILLA

 

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Chi di realtà si nutre

 

defunta ombra del nulla eterno è,

 

chi ai sogni crede,

 

la collera del tempo affamato

 

vincerà nei secoli.

 

Fra i castelli fatati dei mie sogni

 

Illa io ti sto inseguendo,

 

è la tua leggenda.

 

Gelosi folletti la raccontano in sogno.

 

 

Una notte di duemila anni or sono,

 

Camilla, una leggiadra ed esile ancella,

 

scrisse nel suo cuore:

 

“L’amor non vien da me, la fede stanca illusione,

 

la mia tenera età fior che appassisce,

 

ai sogni affido il mio avaro destino”.

 

Disperata ma senza lacrime,

 

corse verso quel dirupo che dominava quella valle

 

incantata da filtri magici, popolata da gnomi,

 

e da lassù altissima si gettò

 

gridando al vento prima di schiantarsi al suolo:

 

“Io vivo e vivrò per sempre”.

 

Sopra quella valle,

 

il tempo arrestò la sua corsa affannata

 

e, come per incanto, tutto restò immutato.

 

Ed ancor oggi, duemila anni dopo, il viandante solitario

 

che ignaro non conosce la storia di lei

 

ed attraversa quell’angusta e remota valle,

 

senza veder né capir nulla,

 

ode nel leggero mormorio del vento,

 

l’eco della voce del fantasma di lei

 

che ripete ancora:

 

“Io vivo e vivrò per sempre”.

 

 

Sì, nella mia fantasia,

 

tu Illa sei viva

 

e vivrai per sempre

 

con me.

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I MIEI PIU’ ATROCI INCUBI

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Sono stato al parco.

Era notte.

Buio.

Cielo nero a sovrastarmi.

Incerto presagio di fine.

Io e l’oscurità.

Mi sono inginocchiato

ai piedi dell’acqua sporca che scorreva.

Ho rivisto il mio volto,

nel silenzio ho urlato,

ho urlato,

urlato!

fino a non avere più voce.

Non ero solo,

eppure mi sentivo come abbandonato.

La solita sensazione di dispersione

che si impadroniva nuovamente di me.

Sarei voluto correre via, scappare via

veloce, sempre più veloce

ma sono rimasto paralizzato

senza armature per difendermi

vittima dei miei più atroci incubi.

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ANCESTRALI PAURE

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Fievole luci

che all’imbrunire

non vincon l’ombre.

Indecise sagome

arrancanti nel buio

nero antro di ancestrali paure.

Figure incerte

di bieco pensiero avvolte

che di nera cronaca s’ammantano.

Passi veloci

come a sfuggir tempesta

nei vicoli t’inseguono.

Il gelo del comune sentire

tutto avvolge

come unico sudario.

E a nulla vale

il lume della ragione che è vanto

nè il saper che l’amor mio m’è accanto.

Solo il colore del sogno

potrà spezzare

del grigio orrore il cerchio.

Solo di poesia il volo

potrà sciogliere delle catene

l’angosciante nodo.

Subisco l’ultimo disperato assalto

di chi sa che la sua guerra

ha già perduto ormai.

POESIE CON IMMAGINIultima modifica: 2020-06-04T19:50:06+02:00da ciscoscrittore
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